Sinodo del terzo millennio della Chiesa patavina
16 maggio 2021
Indizione
Sono per noi oggi le parole di Gesù: “Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo ad ogni
creatura”.
Se questo mondo attraversa giorni difficili, l’amore di Cristo ci spinge con maggiore abbondanza di
Grazia. Grazia divina che diventa in noi dono d’amore, interesse e dedizione gratuita, impegno per
il bene e la giustizia. Grazia che, offrendoci la forza dello Spirito Santo, scende su noi e ci rende
testimoni del Vangelo ad ogni creatura.
Il Sinodo diocesano si inserisce in questo mandato missionario e diventa la strada per seguire Gesù.
Altra espressione del Vangelo di oggi: “Allora essi partirono”. Si misero sulla strada, guidati dallo
stesso Spirito e dalla stessa Parola, quelli di Gesù. Sulla strada, insieme, uniti: è esattamente ciò che
intendiamo per Sinodo!
Camminare insieme è per me speranza e preghiera. In realtà immagino che siano la speranza e la
preghiera di ogni vescovo, ma anche di ogni presbitero e battezzato, di ogni padre e madre che
vogliono realizzare la propria famiglia nell’amore!
Sinodo è speranza. La speranza si accende quando ci si sente chiamati a raggiungere una meta
impegnativa, alta, bella; quando ci si aspetta qualcosa di più, quando si possiedono beni che si
desidera condividere con le persone a cui si vuole bene. Questa speranza è dell’intera comunità dei
battezzati che è composta anche da presbiteri, da diaconi, da consacrate e consacrati, dalle diverse
ministerialità e carismi presenti nel popolo di Dio; e che percepisce il pericolo della dispersione,
della frantumazione e che desidera orientarsi anche comunitariamente secondo la volontà di Dio
Padre.
Sinodo è anche preghiera.
È la preghiera, in comunione con la preghiera sacerdotale di Gesù, di
saper camminare insieme, arricchiti dalle nostre usanze e ma anche andando oltre, superando le
nostre resistenze e vincendo presunzioni e individualismi.
È preghiera di invocazione: “Che siano
una cosa sola”! Preghiera che assomiglia a quella dei poveri, di coloro che invocano da Dio giustizia
e dignità, senza pretese perché sono poveri; le invocano come Grazia.
Il Sinodo nasce dal desiderio del Vescovo di rendere possibile la strada del futuro e della missione.
Strada da percorrere tutti insieme, ognuno con il suo carisma, “avendo a cuore di conservare l’unità
dello spirito per mezzo del vincolo della pace”, al servizio di tutti coloro che il Signore ama.
Perché oggi? Sono trascorsi circa sessant’anni dalla celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano
Secondo: ilsoffio dello Spirito Santo ha raggiunto tutta la Chiesa cattolica aprendo orizzonti pastorali
ricchi di novità; tra questi l’attenzione alla Chiesa locale, là dove vive e si manifesta la Chiesa Una,
Santa, Cattolica ed Apostolica, lì dove si realizza la piena vitalità dello Spirito. Qualche anno fa, nel
2013, il Santo Padre Francesco con l’esortazione apostolica Evangelii Gaudium ci ha sollecitati a
continuare nel cammino conciliare del rinnovamento pastorale
Anche noi, nella Chiesa di Padova, abbiamo tante esperienze belle di cui fare memoria. Penso in
particolare ad alcuni teologi, come mons. Luigi Sartori, mons. Ermanno Roberto Tura, e al contributo
pastorale di vescovi come Girolamo Bortignon, Filippo Franceschi, il Vescovo Antonio Mattiazzo. In
questi 60 anni centinaia di presbiteri e molti laici sono stati in missione a nome della Chiesa di
Padova; abbiamo attivato servizi di carità straordinari come l’OPSA, il CUAMM, le cucine
economiche popolari. Addirittura abbiamo contribuito, soprattutto tramite mons. Giovanni Nervo
e mons. Giuseppe Benvegnù-Pasini, promotori della Caritas italiana, al rinnovamento della
testimonianza della carità delle Chiese che sono in Italia.
Conosciamo inoltre la vitalità, proveniente dalla spinta conciliare, di tante nostre comunità che
hanno saputo attivare i consigli di comunione conferendo un volto di partecipazione e di
corresponsabilità inimmaginabili prima del Concilio. In occasione della visita pastorale ho incontrato
veramente tante belle e commoventi testimonianze di amore nei Consigli pastorali ed economici.
È arrivato il tempo di una comprensione di questa lunga esperienza per capire, dalle tracce lasciate
dai nostri passi, dove lo Spirito ci sta orientando. Lo Spirito ha agito anche fuori dalla nostra storia
diocesana attraverso molte e diverse manifestazioni, ma a noi è consegnata questa porzione di
Chiesa, quella radicata in questa terra e in questa storia.
È tempo quindi di una sintesi ecclesiale che permetta di guardare al futuro “insieme”, con un
rinnovato coraggio; anzi con un rinnovato entusiasmo. È venuto il tempo di favorire il futuro e di
andargli incontro mettendoci in ascolto dello Spirito del Signore Risorto.
Grazie al Cielo non ci sono rotture e tensioni straordinarie. Il nostro è tempo di pace e quindi è
tempo favorevole per una riflessione serena e perscoprire la vocazione della nostra Chiesa patavina,
per guardare con fiducia avanti.
D’altra parte questo tempo pone molte sfide a livello ecclesiale, sociale e soprattutto culturale: il
Covid 19 le ha evidenziate e noi le accettiamo, obbedienti alla nostra vita concreta, come spazio per
la missione di preparare ai nostri figli un domani e una terra,sempre promessa, “dove scorrono latte
e miele”.
L’incontro di oggi, con il quale annunciamo il primo Sinodo del terzo millennio della Chiesa patavina,
è il punto di partenza con il quale qualificare lo stile del cammino che ci aspetta, uno stile
eucaristico, spirituale.
Ha già una piccola storia, una storia di discernimento comunitario: il Sinodo dei Giovani vissuto nel
2016-2018 ne ha attestato la proponibilità; alcuni consigli pastorali parrocchiali incontrati da me
durante la Visita Pastorale me ne hanno fatto espressa richiesta; ne abbiamo parlato in più occasioni
nel Consiglio episcopale; dalla fine del 2019 ci siamo confrontati nel Consiglio Pastorale diocesano
e nel Consiglio Presbiterale; ne abbiamo parlato anche con gli uffici pastorali e con le aggregazioni
laicali; ne avevo parlato anche con gli uomini e le donne di vita consacrata.
Di fronte alla crisi provocata dalla Pandemia, che si è presentata proprio mentre riflettevamo sul
senso di una proposta così impegnativa, siamo stati presi da qualche incertezza ma abbiamo
percepito che proprio la Pandemia ha ulteriormente evidenziato quelle domande di senso e di stile
che motivavano l’opportunità di un Sinodo.
Abbiamo quindi superato la prova e abbiamo
confermato la scelta.
Presa la decisione ai primi di gennaio, oggi indìco il Sinodo diocesano mentre nella Pentecoste del
2022 celebreremo la solenne apertura!
L’indizione è strettamente e spiritualmente connessa alla Celebrazione domenicale dell’Eucaristia
in questa Solennità dell’Ascensione del Signore, presieduta da me qui in Cattedrale e da miei
delegati in 14 sedi distribuite nel nostro territorio, da Asiago a Montagnana.
L’Eucaristia è metafora del Sinodo: l’indizione corrisponde al movimento di convocazione, che
rende possibile il radunarsi dell’assemblea per la celebrazione. Atto al quale normalmente non
prestiamo particolare attenzione perché negli ultimi secoli e decenni era dato per scontato. Erano
sufficienti le campane per avvertire e chiamare a raccolta il popolo. Indìre evoca il fatto che
qualcuno ti chiama, che ti cerca ed esprime la volontà di incontro, di relazione: è il vescovo, oggi; è
la tua comunità, ogni domenica; è il Signore stesso, sempre.
Alla convocazione corrisponde una risposta: Vado o non vado? La risposta esprime qualcosa anche
di te, della tua relazione con il Signore, con gli altri della comunità, con i padri e le madri della tua
fede: sai che ti aspettano!
Nasce così il movimento, una specie di pellegrinaggio, che ti fa uscire di casa e camminare verso la
Chiesa, dove sono gli altri a cui sei legato nella fede. Uscire di casa dice la tua scelta di stare con gli
altri. A volte questo uscire è faticoso, altre volte è una gioia.
Non sono tempi senza senso o inutili quelli della convocazione: fanno parte del nostro essere
persone, fasci di relazioni, di corpo, di tempo. Sono i tempi del cuore pastorale che attende, dello
spirito missionario che cerca, del calore dell’amicizia e della familiarità.
I sentimenti e i pensieri che ci accompagnano mentre camminiamo verso la comunità riunita, sono
già parte dell’Eucaristia, ci preparano e ci rendono disponibili a vivere l’incontro. Rendono possibile
il nostro scambio di sguardi, di strette di mano, di saluti amichevoli e fraterni, e ci preparano
all’abbraccio del Signore. Sentendoci convocati dallo Spirito santo nel nome del Padre e del Figlio,
accogliamo quelle braccia aperte con le quali chi presiede ci accoglie nella Pace, nella Grazia,
nell’Amore, nella Comunione trasformando il nostro camminare verso la Chiesa in pellegrinaggio
verso il mistero di Dio.
Indìco quindi il Sinodo: suono, usando una immagine, le campane, invito le comunità e i cristiani,
chiedo loro di mettersi in cammino verso il Signore, la sua parola, la sua Chiesa.
Quest’anno sarà al lavoro una commissione, la Commissione Preparatoria, che incarico
pubblicamente di preparare quanto è necessario ascoltando il mondo e la sua cultura, e indicando i
nodi e le idee fondamentali per il cammino sinodale.
Al Sinodo affidiamo il compito e la
responsabilità di capire dal Signore dove vuole che noi andiamo in questo tempo storico, e di
indicare scelte e priorità pastorali.
Dopo l’abbraccio del Padre alla comunità convocata, l’assemblea eucaristica viene invitata ad
esaminare la propria coscienza. Riconosciamo i nostri peccati, si dice normalmente.
L’attenzione è
sul “riconoscere”, sulla presa di coscienza, sulla lettura della nostra vita. Il fine non è tanto chiedere
perdono, ma celebrare la consapevolezza che il Signore ci accompagna e ci vuole bene: Lui è più
grande dei nostri peccati. Per questo penso che la nuova edizione del messale ci inviti a cantare il
Kyrie eleison, riconoscendo con questa formula la presenza del Risorto, il Signore, il Kyrios, colui che
ha sconfitto il peccato e la morte. Siamo talmente sicuri della sua Signoria che di fronte a lui
rileggiamo la nostra vita e non temiamo nemmeno il nostro peccato.
Sappiamo che la sua
misericordia ci permette di sopportare i nostri limiti e sempre ci perdona.
Così la Commissione Preparatoria dovrà ascoltare il vissuto della nostra Chiesa, quello che pensano
e vivono le nostre comunità, e il cammino che le nostre comunità hanno compiuto in questi ultimi
decenni.
Promuovere cioè una specie di esame di coscienza comunitario: Che coscienza ha la Chiesa
dise stessa? Che coscienza hanno della propria fede i cristiani? Che umanità noi cristiani e noi Chiesa
stiamo esprimendo? Che cosa possiamo fare di più per vivere la nostra missione nel mondo? Siamo
ancora in grado di parlare al mondo, di parlare al mondo dell’amore del Padre che ci è stato
manifestato dal Figlio suo e nostro fratello Gesù? Stiamo consolando, incoraggiando, servendo,
amando come Gesù ha amato il mondo e noi?
Dobbiamo vivere questo esame di coscienza non tanto con la paura del giudizio o di fare brutta
figura, ma con la certezza che il Signore cammina con noi e che a lui possiamo consegnarci fiduciosi.
Nell’Eucaristia, esperienza di fraternità, l’incontro con i fratelli e le sorelle è fondamentale.
Vogliamo
comunità calorose ed accoglienti, ci hanno detto i nostri giovani nella Lettera finale del loro Sinodo.
È fuori dubbio che l’amore reciproco è vangelo. “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli,
se vi amate gli uni gli altri come io ho amato voi”, dice Gesù.
È vero anche che l’Eucarestia non è solo questo.
Convocazione, accoglienza, lettura della propria
coscienza sono solo i riti di introduzione e per noi oggi questisono i riti di indizione. L’Eucaristia però
è azione dello Spirito, è opera divina.
È lo Spirito che opera e rende le parole lette, proclamate,
approfondite strada della Parola di Dio; è lo Spirito che rende il pane e il vino Corpo e Sangue di
Cristo, è lo Spirito che trasforma un insieme di persone in Chiesa, corpo del Cristo risorto.
Il Sinodo richiede che noi ci mettiamo insieme, che ci confrontiamo, che studiamo, che ascoltiamo,
ma non è solo questo. Il Sinodo è prima di tutto opera dello Spirito, non nostra. Quanto possiamo
fare ci predispone ad ascoltare lo Spirito, crea atteggiamenti capaci di accogliere la sua azione
performante e trasformante. Noi possiamo camminare insieme verso la direzione indicata dallo
Spirito, possiamo prendere coscienza delle nostre povertà per appoggiare la nostra speranza
nell’azione dello Spirito e non in noi stessi. Insomma possiamo fare tanto ma ciò è nulla rispetto a
quello che ci aspettiamo da Lui.
I nostri riti di introduzione ci predispongono ad accogliere
l’intervento straordinario di Dio, ci predispongono a “celebrare” il Sinodo!
Fin da oggi quindi permettiamo alle campane di suonare, di diffondere il richiamo a tutti, uomini e
donne.
Che questo suono arrivi alle nostre piazze, che si senta lungo le strade, negli ospedali e nelle
case di riposo, nei luoghi della cultura e della scienza, nelle aziende artigianali, commerciali, nelle
industrie e in tutti i luoghi dove si lavora, dove si studia e ci si diverte.
Ovunque suonino le campane
della convocazione perché tutti i figli di Dio si sentano invitati ed attesi.
Nessuno si senta escluso
per la sua diversità o per la sua fatica.
Fin da oggi invito tutti i cristiani a camminare verso le loro comunità e fraternità, ed invito i presbiteri
a spostare le loro priorità dal “fare cose” al “convocare comunità” dove ci si senta chiamati per
nome, dall’offerta di servizi religiosi alla difficile edificazione di relazioni fraterne e calorose. Sono i
riti di introduzione: è l’indizione della celebrazione del Sinodo della santa Chiesa di Padova.
La mia richiesta per tutti è di cercare, tendere, aspirare all’unità: non possiamo dividerci in questa
opera di Dio! L’unità non è omogeneità ma creatività, immaginazione, desiderio di comunione.
Il
cammino fatto insieme alla ricerca della volontà del Signore, avrà un altro protagonista, il divisore,
il serpente antico, cioè il diavolo, il quale con maggiore destrezza si introdurrà nella nostra vita e
nella vita della nostra Chiesa per farci fallire.
E lo farà a partire dai nostri pensieri taciuti che si
esprimeranno in atteggiamenti, in parole e in gesti che si opporranno alla fatica di convocare
comunità e di suonare campane per chiamare tutti.
Il maligno vorrà dividerci non solo con pensieri
taciuti, ma anche con freni interiori, con opposizioni verbali, con rigidità inconsce.
Restiamo uniti da subito.
Restiamo uniti nella preghiera. Restiamo uniti nella speranza.
Aiutiamoci
gli uni gli altri a rimanere uniti facendoci operatori di pace, di riconciliazione.
Il Signore Risorto ha
già vinto questa battaglia e continuamente ci rende concordi, capaci di vincere le separazioni e di
abbattere le distanze.
Tra preti, tra consacrati, tra battezzati aiutiamoci nel rimanere uniti e fraterni
nell’aderire alla chiamata del Signore in questo tempo storico della nostra Chiesa.
Frutto della Pentecoste è l’amore fraterno, la concordia, l’avere un cuore solo e un’anima sola.
Diventare un solo spirito, un solo corpo come uno solo è il battesimo… Questo sarà il frutto del
Sinodo: una nuova e bella comunione della nostra Chiesa e una rinnovata forza missionaria.
È la
nostra speranza e la nostra preghiera.
Questo processo inizia oggi con la liturgia dell’ascolto: il Signore ci dia orecchi e cuore per ascoltare
quello che lo Spirito dice alle Chiese.
Ci predisponga fin da ora ad incontrare i nostri fratelli e sorelle
nel Vangelo e ad accogliere l’effusione della rugiada del suo Spirito per diventare sempre più l’opera
meravigliosa delle sue mani.