23 APRILE 2017
Otto giorni dopo la Pasqua, anche noi con Tommaso diciamo con fede: «Mio Signore e mio Dio!». In questo tempo pasquale ravviviamo la nostra fede nel Risorto, la nostra speranza nel futuro e la nostra carità nel presente della vita di ogni giorno.
«ABBIAMO VISTO IL SIGNORE!»
«CIÒ che è sorprendente della fede è che si possa credere», così il teologo G. Crespy. Se non ci si abbandona alle sorprese di Dio, ma si rimane ancorati alla logica umana, tutto sembra impossibile e per tutto si ricerca un segno percepibile con i sensi fisici. È un po’ questo che è accaduto a Tommaso: dove era mentre i discepoli ricevono la visita del Signore risorto? Non ci è dato di saperlo, sappiamo solo che era nel posto sbagliato nel momento sbagliato.
Solo quando Tommaso accetta di tornare nella comunità, radunata nel giorno del Signore, lì può anch’egli incontrare il Maestro risorto, lì può ricevere la possibilità di scorgere il segno atteso. Non altrove! (Vangelo). Allo stesso modo risuona per noi come monito l’atteggiamento dei primi cristiani: assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli apostoli, nell’unione fraterna, nella frazione del pane, nella preghiera (I Lettura). Sono queste le condizioni essenziali perché il Risorto si riveli a noi, che siamo chiamati ad amarlo pur senza vederlo e, senza vederlo, a credere in lui (II Lettura). Così potremo, come Tommaso, aprirci a un’adorazione vera e a una speranza viva, quella di avere la vita nel suo nome.
Tiberio Cantaboni
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